L'eccidio delle Fonderie Riunite

di Carlo Lucarelli

C’è qualcosa di sinistro nella parola eccidio, che a me ha sempre fatto venire i brividi.

E non solo perché è una parola che si porta dietro orrore e dolore, dal momento che rappresenta la morte violenta di tanta gente innocente, due cose che già basterebbero a far star male chiunque.

Mi vengono i brividi per quanto quella parola ha di solito a che fare con altri due concetti complessi, importanti e fragili.

Il Segreto e la Memoria. O meglio, la sua mancanza.

La maggior parte degli eccidi avvenuti nel nostro paese, come quello delle Fonderie Riunite, non hanno una soluzione giudiziaria piena e univoca e vengono per questo annoverati tra i cosiddetti Misteri Italiani. Cosiddetti, perché in realtà alla luce dei vari processi e del lavoro degli storici, di misterioso, in quelle vicende c’è rimasto poco, per cui meglio chiamarli Segreti. Qualcuno, in testa o in un cassetto, ha la Verità, con la “v” maiuscola, si tratta soltanto di riuscire a trovarla. Anche su quello che è successo a Modena il 9 gennaio 1950, qualche ombra c’è ancora, non fosse altro per la mancanza di un chiaro, definitivo e insospettabile esito giudiziario.

Inoltre, la maggior parte delle brutte vicende come queste non sono così conosciute, ricordate e anche utilizzate come meriterebbero. Succede a storie accadute ieri, figuriamoci a quelle dell’altro ieri come questa. Che invece andrebbero ricordate perché raccontano un sacco di cose, cose che a volte succedono ancora e che sarebbe bello evitare, invece che dimenticare.

Per questo, siccome non mi piacciono gli eccidi, non mi piacciono i segreti e la mancanza di memoria, ho accettato volentieri di cercare di raccontare quel fatto, già studiato ed esposto da altri più competenti di me, con l’unica chiave che mi compete che è quella della narrativa, aiutato da validi amici.

Mettere in fila i fatti attraverso le emozioni.

Speriamo di esserci riusciti.

(9 gennaio 2020)