News

Guerra in Bosnia-Erzegovina, 25 anni fa veniva abbattuto il ponte di Mostar

La mattina del 9 novembre del 1993, dopo due giorni di bombardamenti, lo Stari Most (Ponte Vecchio) crollò. Quelle immagini fecero il giro del mondo, era stato abbattuto il Vecchio, come lo chiamavano i mostarci (la gente di Mostar). Un gioiello d’architettura medievale ottomana, rimasto in piedi e maestoso per più di quattrocento anni, unendo le due sponde del fiume Neretva, non resistette alla furia delle unità croate.

Non era in alcun modo un obiettivo militare o strategico. Su quel ponte a dorso d’asino ci potevi passeggiare, ammirare dall’alto il blu intenso del fiume, fu un atto voluto e rappresentò l’apice della guerra che i croati avevano intrapreso contro i propri vicini e alleati musulmani bosniaci.

La guerra in Bosnia Erzegovina iniziata nel 1992 ebbe diverse fasi e diversi fronti. Nel primo anno di guerra i bosniaci e i croati combatterono insieme contro il nemico comune, i serbi, ma nel 1993 le cose cambiarono: i croati, che avevano nel frattempo negoziato con Belgrado la spartizione del Paese, aprirono un secondo fronte contro i bosniaci cercando di ritagliarsi, alla stregua dei serbi, una propria parte di Bosnia Erzegovina, monoculturale.

Mostar era una città  emblematica per i croati: mista, multiculturale, in cui i musulmani bosniaci e i croati  rappresentavano in egual misura la maggioranza, mentre la componente serba era una piccola minoranza.  Ad ovest del ponte  vivevano in prevalenza croati, mentre a est in prevalenza bosniaci musulmani. Ai croati non interessava la città, volevano solo che  i loro quartieri diventassero al 100% croati, e infatti i musulmani furono cacciati dalle loro case e spinti sulla riva est della Neretva.

In quella guerra abbattere ponti, distruggere biblioteche, case, antichi palazzi era una consuetudine diffusa, l’obiettivo non era prendersi le città, ma piuttosto bonificarle etnicamente, cacciare l’altro così da poterla governare senza problemi. In questa logica simboli come il Vecchio Ponte, che era parte dell’identità culturale dei cittadini di Mostar, espressione della cultura bosniaca, simbolo di unione di genti, religioni, etnie, doveva essere  distrutto.

Lo Stari Most è stato ricostruito  dopo la guerra e riconsegnato alla città nel 2004. E’ sempre lì, al suo posto, sopra alla Neretva, ma ricostruire simboli non basta. Oggi Mostar  ha una popolazione a prevalenza croata, croati e bosniaci musulmani sono in tutto e per tutto divisi. Il Vecchio oggi non unisce più!

Silvia Mantovani, Istituto storico di Modena